Una conversazione con Egeria Di Nallo sull’evoluzione del Marketing in una società complessa. Egeria vive a Bologna, professore ordinario di sociologia dal 1980, ha esteso la sua attività ben oltre i confini nazionali (fra l’altro è stata anche antropologa nella selva Amazzonica). Si occupa di sociologia e marketing da molti anni con uno staff di collaboratori e un approccio scientifico con cui collabora come consulente di importanti aziende di vari settori dall’industriale al finanziario. Con lei parliamo dell’ Osservatorio Meeting Point da lei fondato e nel quale applica una tecnica di ricerca, elaborata insieme ai suoi collaboratori, che permette di prevedere le aspettative del mercato secondo scansioni temporali che coprono l’arco di tempo di 5 anni. Credo sia un approccio che può rivoluzionare completamente la ricerca che accompagna le attività di produzione e commercializzazione sfatando il mito della centralità del consumatore abbattendo la tradizionale – e ormai traballante – barriera fra metodi di previsione quantitativa e qualitativa.
I libri di Egeria sono tradotti anche in inglese, brasiliano, giapponese.
AB: Egeria, il punto di partenza di tutto è il libro ‘Marketing per una società complessa’ che scrivesti qualche anno fa. Qual’è il contesto che ti ha ispirato? Quale lo scopo di quelle riflessioni?
EDN: Mi ha ispirato la semplice osservazione sull’inefficacia dei metodi correnti di analisi mercato fra l’altro condivisa da studiosi di marketing come Gerken che in quegli anni pubblicava un libro con un titolo molto significativo : “Addio al marketing”. Degli studi di marketing si dice che sono buoni finchè funzionano; in altre parole si usa la logica dello stregone: “Funziona quindi è buono, non mi sto a chiedere perché è andato bene e soprattutto – quando poi va male – perché è andato male”. Si tende a considerare il mercato come una realtà a sé stante, con una sua logica, un suo ‘sentire’ fortemente indipendente dal resto della società. Dunque, quando mi sono resa conto che le ricerche di mercato tradizionali funzionavano prevalentemente per chi le svolgeva mentre ben poco per chi le commissionava, anziché cercare qualche abbellimento o qualche parolone per abbagliare i clienti ho tentato di capire perché una volta funzionavano ma in quel momento non funzionavano più. La risposta l’ho trovata collegando il mercato al resto della società. Semplicemente, la struttura delle differenze che caratterizza una società influisce anche sui modi di vita, e dunque il consumo cioè in altre parole il mercato. Per esempio: il mercato di una società in cui le differenze sociali sono ingabbiate in compartimenti stagni (status) è evidentemente diverso dal mercato di una società in cui le differenze sociali si articolano su piani fra di loro collegati secondo il principio della mobilità sociale (stratus). La domanda da porsi diventa allora : “com’è cambiata la struttura delle differenze nella società al punto che le vecchie analisi di mercato non vanno più bene?”.
La risposta l’ha data il sociologo Niklas Luhman che nella “Teoria dei sistemi sociali” spiega come siamo passati da una società stratificata ad una a differenziazione funzionale: in parole povere nel passato gli individui trascorrevano la vita secondo le logiche dello strato sociale a cui appartenevano con lo sguardo rivolto agli strati superiori da cui attraverso precise dinamiche discendevano i modelli di consumo. Praticamente lo stratus di appartenenza forniva modelli di comportamento più o meno per tutte le espressioni vita. Dunque dal punto di vista delle analisi di mercato bastava individuare le regole di quello strato ed occhieggiare ai modelli della classe superiore e il gioco era fatto. La conseguenza è che dagli anni settanta la differenziazione per stili di vita orientò il marketing alle ben note cluster analysis.
Già negli anni novanta quel tipo di analisi di mercato mostrava decisamente la corda perché la differenziazione funzionale che tratteggiava la vita sociale faceva sì che gli individui non avessero un modello unitario di comportamento come quello rappresentato dalla classe di appartenenza o dallo stile di vita. In più stava cambiando il sistema della personalità che nel passato tendeva alla coerenza e alla stabilità e che ora tende alla mutevolezza e alla flessibilità.
AB: Come hai pensato che un approccio essenzialmente teorico, nato in un contesto di riflessione e ricerca universitaria potesse diventare un metodo pratico che si può applicare alle imprese? Nella sua origine il metodo tradisce una forte attenzione all’evoluzione sociale in termini sociologici: come si sposa questo con la premura tutta oeconomica delle aziende?
EDN: Una buona pratica ha sempre una buona teoria alle spalle. Si pensi ad esempio in medicina alla teoria degli equilibri di Ippocrate, alla biologia della psiche di Hamer (per quanto ancora se ne discuta), alla ormai scontata teoria dei germi di Pasteur, alla teoria cromosomica. Una pratica che si basa su una teoria è molto meglio della pratica nuda e cruda, spesso improvvisata, immaginifica e raffazzonata. Agli uomini d’impresa vorrei ricordare che il concetto di homo oeconomicus è stato largamente superato proprio dagli economisti più avvertiti. Tanto per citarne alcuni, il Nobel Amartya Sen e l’italiano Stefano Zamagni. Spero davvero che le aziende stiano acquisendo la consapevolezza che i numeri da soli non solo non bastano, ma sono una font di inganno! Immateriale e materiale si intrecciano sempre più strettamente e questo è il futuro.
AB: Puoi descrivere in cosa consiste Meeting Points? E quali sono i suoi campi di applicazione?
EDN: Quanto al Meeting Point: si tratta di una teoria (espressa nel libro che citavi all’inizio), ma anche di un metodo e persino (naturalmente) di una piattaforma applicativa (un software, insomma). Non chiede nulla al consumatore (non si fanno interviste, focus o quant’ altro) semplicemente perché il consumatore non sa oggi cosa vorrà domani. Il MP prevede gli orientamenti del mercato fino a 5 anni suddivisi in quattro scansioni temporali (da 0-6 mesi ; 6 mesi- 1 anno; 1 anno –2 anni ; 2 anni -5 anni).
Nella nostra teoria il mercato è un sistema sociale che si può leggere come un insieme di sistemi culturali che si chiamano Meeting Point perché sono un punto di incontro: il consumatore entra ed esce dai meeting point , a seconda delle funzioni che in quel momento vuole o deve soddisfare. I MP costituiscono un filtro fra gli altri sistemi sociali e il mercato e attraverso di loro le comunicazioni dei vari sistemi sociali diventano economicamente rilevanti e apprezzabili assumendo la forma concreta di prodotti, comunicazioni e servizi. Conoscere le comunicazioni che i sistemi sociali inviano al mercato attraverso i codici e i filtri dei vari meeting point permette di conoscere in anticipo quelle che saranno le future esigenze del mercato.
AB: forse la cosa più sopreè la precisione cui cui arrivano le previsioni sia da un punto di vista quantitativo che di orizzonte temporale. La traduzione di previsioni qualitative in quantitative è sempre stato un po’ il sogno di tutti; tanto e vero che se un’azienda si rivolge ancora adesso ad un istituto di ricerca gli vien spiegato che esiste una alternativa fra la profondità priva di riscontri numerici di una ricerca qualitativa e la superficialità analitica confortata da numeri di una qualitativa? Quali sono i principi di funzionamento di questo modello di transizione?
EDN: Se questa è la teoria del MP espressa in pillole, in effetti il metodo – costruito in più di dieci anni di studio e di pratica – permette di organizzare in termini intellegibili e quantificabili il flusso comunicativo proveniente dai vari sistemi sociali e di prevederne la caduta sui vari MP secondo le 4 scansioni temporali di cui ho fatto cenno. E’ un po’ difficile accettare la demistificazione della centralità del consumatore cosciente ma è innegabile che questi, sottoposto a stimoli complessi e spesso inaspettati, ha di fatto mutato anche la sua personalità privilegiando la mutevolezza e la flessibilità. Il metodo non permette infatti di prevedere che cosa farà il signor Rossi (nessuno riesce più a farlo), ma quanti e quali prodotti, servizi, comunicazioni etc. verranno richiesti e non importa se si tratterà di richieste coerenti reiterate dallo stesso consumatore o effettuate da consumatori spesso in contraddizione con altri comportamenti di consumo.
Quanto al passaggio dal qualitativo al quantitativo, il presupposto è puramente scientifico e consiste nella formulazione di coefficienti di correlazione costruiti con l’ausilio dell’osservazione empirica del comportamento delle varie comunicazioni in serie storiche di qualche decennio, dall’uso accorto di formulazioni econometriche e dal ricorso a software applicativi sempre più performanti.
AB: So che il metodo è stato applicato sia nel contesto di aziende di produzione, che nel mondo della distribuzione organizzata che addirittura nel settore della finanza. Senza svelare segreti, potresti raccontare qualche esempio significativo di prodotti di successo che sono nati con l’aiuto di MT?
EDN: Si, abbiamo lavorato in molti settori dall’abbigliamento, agli scooter, banche, assicurazioni, domotica, frigoriferi ma anche alimentazione e turismo. Abbiamo fatto ricerche anche per Ministeri e Regioni. A volte è accaduto che sulla base delle nostre ricerche dessimo suggerimenti di comunicazione, prodotto o componenti di prodotto magari i apprezzate ma non messe in pratica, per i motivi più svariati. Sinceramente ricordo con rammarico il caso Mandarina Duck, che purtroppo ripensò ai nostri suggerimenti cinque sei anni dopo quando ormai era troppo tardi (ndr: l’azienda ha conosciuto un disastroso declino).
Al contrario la Piaggio, che fu il nostro primo cliente costruì l’X9 (un modello di scooter che ebbe molto successo) su nostre indicazioni non solo relativamente al concept di prodotto, ma anche alle componenti di prodotto (ruota artigliata, occhi (fari) da mostro, sella morbida, etc.). Banca San Paolo accolse i nostri suggerimenti e aprì agli immigrati con sportelli e prodotti dedicati; trasformatasi in Intesa San Paolo recepì le nostre indicazioni a vari livelli: dal tema della nuda proprietà, all’attenzione alle varie confessioni religiose, alle coppie di fatto. Attualmente stiamo lavorando – fra l’altro – nel settore assicurativo e possiamo anticipare qualche curiosità come che la caduta di detriti spaziali potrà a breve costituire un rischio assicurabile.
AB: Ancora una volta, nel celebrare la fine del Marketing (un rito ormai consolidato), finiamo invece per raccontare un altro tratto della sua evoluzione: questa metafora del ‘mercato’, come regolatore degli scambi di merci e di simboli è così tenace che intorno ad esso si organizzano ancora riflessioni, prassi, teorie, … ? Come gioca Internet in tutto questo? E’ un nuovo paradigma nel senso che è destinato a cambiare le regole del gioco, una delle variabili o una sorta di Mercato 2.0, una versione telematica di prassi millenarie solidificate ormai quasi duecento anni fa dalla Economia Classica?
EDN: Internet è una tecnologia della comunicazione, è l’espressione più avanzata di quella che va sotto il nome di ICT, Informationand Communication (sottolineo) Technology.
E’ ormai patrimonio acquisito che le modalità comunicative influiscono profondamente sulle logiche sociali. Marshall Mac Luhan ha costruito su questa idea la spiegazione delle grandi trasformazioni sociali: l’invenzione della stampa, la televisione ed ora internet hanno giocato e giocano a sostegno dei grandi cambiamenti. Ma alcune cose non cambiano: il codice distintivo del mercato sarà sempre binario e semplice e cioè profittevole/non profittevole; quel che cambia sarà il significato dato al termine ‘profittevole’. E’ innegabile che si entrerà sempre più nelle logiche dei valori immateriali … immateriali si, ma che alla fine faranno business!
AB: Torniamo alla prospettiva sociologica. Il tuo modo di vedere la società mi fa pensare alla Scuola di Francoforte ed al filone della critica della società dei consumi e dell’uomo-massa; tu mi correggi graziosamente dicendomi che in realtà tutto parte da Niklas Luhman … Allora, posso chiederti come vedi l’evoluzione sociale in atto e se – in senso generale – le cose volgono ad un epilogo o ad un nuovo inizio e per chi?
EDN: si vede proprio che su questo punto non ci siamo capiti o che fai un transfert addebitando a me un tuo orientamento! Io fino dalla fine degli anni settanta ho visto il consumo come un elemento innovativo: nell’articolo “Razionalità, simulazione, consumo”, uscito agli inizi degli anni ‘80 vedevo la centralità del consumo che si sostituiva del tutto alla centralità produttiva che aveva dominato la logica sociale forse ancor prima della società industriale. Continuai poi il discorso nel libro intitolato “Il significato sociale del consumo” della fine degli anni ‘90. Questo significa esattamente il contrario di quanto avevano detto Horkheimer e Adorno, che vedevano il consumo asservito alla logica della produzione. Se Il consumo per un certo periodo fu realmente ancella della produzione e ne seguiva le logiche strumentali (e per questo era individualista, rapace ed escludente), via via che aumentava la sua presenza nella società esso recuperava le sue logiche intrinseche che sono eminentemente analogiche e socializzanti. Ricordiamo che consumo deriva da ‘cum sumo’ o da ‘cum summa’ dove la preposizione cum introduce alla socialità, sicuramente fra gli uomini, ma anche con le cose (se si considera la seconda ipotesi etimologica). Si realizza allora una transustanziazione fra gli uomini, le cose e – perché no? – Dio. In questa chiave per nulla paradossale e naturale si possono leggere i grandi cambiamenti degli ultimi anni, che vanno dall’ambiente, alle imprese etiche, alla responsabilità sociale d’impresa, alle varie attività sociali di consumo-produzione (street-social, crowd-founding etc.).
Il futuro è pieno di cambiamenti e chi si irrigidisce sulle vecchie postazioni è spacciato. Le parole d’ordine sono: comunicazione, sinergia, immateriale (in questo è inclusa la finanza che ha una componente altamente immateriale), glo-cal, … what else?
AB: Ci siamo capiti, Egeria. Grazie della generosa conversazione!
NOTA: chi volesse approfondire la conoscenza con Egeria e la sua straordinaria esperienza non fa che chiedermelo. Sarò felice di mettervi in contatto.
Immagine: il vivacissimo mercato di Maeklong in Thailandia ogni mattina si espande ed invade fin le rotaie del treno fra le strette pareti della case prospicienti; ma quando passa il treno gli avventori si fanno da parte ed i commercianti in tutta fretta gli fanno strada arrotolando le tende e togliendo la merce di mezzo. Passato il treno il mercato riprende a riempire ogni spazio. Così la funzione sociale del treno è stabilita sopra ogni legittima voglia di ‘fare mercato’. D’altra parte tutti sanno bene che è proprio il treno che porta lì la gente …
Buongiorno,
l’affermazione che le Ricerche di Mercato tradizionali (Quali/Quantitative) non servano a nulla, siano distorsive, siano superate mi sembra decisamente troppo forte, poco sostenibile, eticamente scorretta (il mio primo Direttore m’insegnò che non si denigrano i competitor … credo proprio che avesse ragione).
certo, non si nega che le Ricerche fatte male possano far male. normalmente (lunga esperienza personale) in questo caso il Committente attende (beata speranza !) che il Consumatore si tramuti in Co-Committente-Stratega-Marketaro, il Ricercatore esegue gli ordini acriticamente presentando risultati fini a se stessi (non inquadrati in un contesto spazio-temporale e/o di mercato/business) e il Consumatore si trova inconsapevolmente al centro di un processo estraneo al suo essere e status.
nelle Ricerche fatte male sono i RUOLI ad essere distorti, e quindi distorcenti il processo nella sua globalità. il lasso temporale e della visione è poco considerato.
poi ci sono le ricerche fatte bene, quelle dove il Committente fa il Committente (e non si aspetta che bisogni e strategie siano in capo al Consumatore) e dove il Ricercatore fa il suo lavoro suggerendo, guidando, rilevando, interpretando, contestualizzando.
un ‘Ricercatore-megafono’ ovviamente fa danni, un ‘Ricercatore-pensante’ dà una Consulenza preziosa.
sarebbe bello non dimenticare mai che il Consumatore, in quanto tale, alcune volte proietta ed esplicita bisogni e tendenze, ma non sempre, oppure lo fa in maniera non esattamente intelligibile a chiunque: alla base è comunque responsabilità di altri guidare il mercato verso bisogni e sviluppi. questa responsabilità è a mio avviso decisamente a monte del Consumatore (sennò Concept e Product test cosa ci starebbero a fare ?).
seguendo una logica costruttiva, imho ogni studio ed esperimento, se ben congeniato e supportato, può portare benefici all’Azienda.
Allo stesso modo sarebbe bello dire che nulla è indispensabile (inclusi complessi micro/macro modelli previsionali, studi di scenario et compagnia cantante), e le molte Aziende che si assumono in toto oneri e onori delle proprie scelte senza ricorrere a Consulenti esterni lo dimostrano ogni giorno: decidono in pectore e poi si applaudono o fischiano a seconda dei risultati.
non posso entrar nel merito dell’attività di studio qui sopra così sinteticamente descritta -ma da curioso del mondo e delle applicazioni professionali sarei curioso di conoscerne di più-; cercherò iinformazioni su questo processo, del quale non ho mai sentito parlare.
posso invece dire di conoscer molto bene 2 delle 3 vecchie case-histories sinteticamente accennate: avendone avuto parte attiva specifica mi piacerebbe poter scambiare opinioni sui risultati ottenuti seguendo percorsi diversi.
Grazie per l’attenzione
Giorgio Rambaldi
In realtà non credo vi fosse alcun intento denigratorio. Non mi pare ci sia neppure alcun intento di contrapposizione metodologica . Solo una questione (secondo me molto interessante) di prospettiva. Rimando ad un contatto con Egeria di Nallo eventuali approfondimenti sui progetti in oggetto.
non dubito, ma le parole sono importanti, estrapolo alcuni passaggi che potrebbero fissarsi negativamente agli occhi di un lettore:
– a semplice osservazione sull’inefficacia dei metodi correnti di analisi fra l’altro condivisa da studiosi di marketing come Gerken che in quegli anni pubblicava un libro con un titolo molto significativo : “addio al marketing”
– degli studi di marketing si dice che sono buoni finchè funzionano; in altre parole si usa la logica dello stregone: “Funziona quindi è buono, non mi sto a chiedere perché è andato bene e soprattutto – quando poi va male – perché è andato male”
– si tende a considerare il mercato come una realtà a sé stante, con una sua logica, un suo ‘sentire’ fortemente indipendente dal resto della società
– mi sono resa conto che le ricerche di mercato tradizionali funzionavano prevalentemente per chi le svolgeva mentre ben poco per chi le commissionava, anziché cercare qualche abbellimento o qualche parolone per abbagliare i clienti ho tentato di capire perché una volta funzionavano ma in quel momento non funzionavano più
collegare il mercato alla Società è un ruolo intrinseco al lavoro di chi fa le ricerche (quelle fatte bene, of course ;-))
sono sempre pronto ad ogni contatto, confronto e approfondimento … sennò che Ricercatore sarei ?
G.
Colgo l’occasione nel pubblicare la risposta di Giorgio Rambaldi – che dal suo punto di vista (bravo, lecito) perora la causa delle ricerche ‘fatte bene’ – per invitare qualche committente-imprenditore (se ha voglia) a dire la sua; se vuole, rimanendo nell’anonimato.
Mi piace molto il passo che cita ‘La risposta l’ho trovata collegando il mercato al resto della società’. Qui si tocca tutto e tutti e direi riassume come, in modo sinergico, tradizione e innovazione siano asset del marketing strategico.
ehhh, ma collegare il mkt alla Società sono fondamentali, pre-requisiti.
sennò non si parla di consulenti ma di comparse di terzo livello. no ?
sempre imho
Questo post ha già battuto ogni record di lettura a testimonianza dell’interesse sull’argomento. Di questo ringraziamo i lettori. Come sapete, Naimation viene diffuso in una comunità ristretta fatta in proporzioni più o meno omogenee di imprenditori, managers e giovani neo-laureati/neo-professional. Solo occasionalmente e per scelta editoriale il blog viene diffuso presso consulenti o società di business solution.
Questo post ospita per la prima volta una quick-poll sul tema del post. Prego i lettori di farci avere un loro feed-back. Grazie.
innanzi tutto grazie a Giorgio Rambaldi per la considerazione e il tempo che mi ha dedicato .e mi fa molto piacere rispondergli
La brevità di un’ intervista probabilmente ha contribuito ad indurire certi concetti e atteggiamenti . Non considero gli uomini di marketing dei miei competitor perché il mio mestiere è quello di prof universitario e il mio interesse per le ricerche di mercato scaturisce da interessi conoscitivi che solo in seguito sono diventati applicativi . Ci sono fior di cervelli nel marketing che sopperiscono proprio con il loro acume e la loro sensibilità alle carenze dei risultati di una ricerca sul campo sostanzialmente inadeguata ai tempi attuali.
La centralità del consumatore, che è il presupposto della validità delle ricerche che si basano appunto sull’interrogare il consumatore, credo che possa oggi essere considerata solo un atto di fede . Il consumatore non sa oggi quello che vorrà domani e questo è ormai un dato acquisito ,si spiegano così le ricerche a tempi sempre più brevi e a tipologie sempre più capillari fino ad arrivare al one to one. Io ho cercato semplicemente di spiegarmi e spiegare perché nel passato si poteva parlare di centralità del consumatore, di trycle down effect, di status symbol e oggi non più . Questo non vuol dire denigrare la categoria degli uomini di marketing, ma semplicemente suggerire uno spazio di riflessione per adeguare la propria conoscenza e di conseguenza i propri strumenti al mondo che cambia. Ho trovato comunque una sostanziale sintonia con Rambaldi quando dice che non ci si aspetta dal consumatore una capacità predittiva , “ci si aspetta da altri la responsabilità di guidare il mercato” Il ns metodo è in grado di individuare, quali siano gli orientamenti di questi altri che non sono solo maitre a penser o uomini della finanza , o imprenditori dall’occhio lungo, ma flussi migratori , religioni emergenti , famiglie variamente configurate ,gruppi ambientalisti , epidemie in progress cambiamenti climatici e ambientali voli spaziali , scoperte scientifiche , allarmi medici, guerre vicine o incombenti ecc . Tutto questo costituisce gli altri che daranno corpo alle aspettative del mercato di domani e dopodomani che il metodo Meeting point attraverso un’analisi scientificamente fondata delle comunicazioni emesse dai vari sistemi sociali è in grado di conoscere. con un anticipo fino a 5 anni .
Grazie Rambaldi dell’opportunità che mi ha concesso e sarebbe bello incontrarci . Io sono un’ottima cuoca. .
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Buongiorno Egeria,
stante la sintonia, la voglia di parlarne (e di confrontare esperienze sugli stessi topics), stante -why not- la cortese proposta di mettere le gambe sotto lo stesso tavolo (luogo dove spesso si sviluppano i migliori percorsi) possiamo considerare la cosa come fatta. per me sarà un piacere.
a presto
Giorgio
ps: anch’io vengo descritto come un buon cuoco … lo scambio di ricette può esser parte integrante del ragionamento.
… Ecco conosco l’abilità culinaria di un(a) sol(a) dei due. Non disdegnerei fare esperienza anche io. Dunque se combinate mi aggrego!