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Fino ad oggi i beni di largo consumo e quelli di lusso sono stati fortemente separati e distinti in tutto: diversi i mercati, diversi i prodotti, diversi i margini, diversa la comunicazione e il marketing,  diversi i canali di distribuzione e – soprattutto – diversa la dinamica in tempo di crisi. Mentre – infatti – i produttori dei beni di largo consumo sono sempre stati tradizionalmente attentissimi anche ai micro-segnali di crisi, i secondi si sono sempre concentrati su una sorta di mantra per espandere la percezione di sé attraverso il brand. Non solo: il mercato dei beni di lusso fino a poco tempo fa cresceva a prescindere dai cicli economici e soprattutto dalle crisi. (see English version below)

250px-Escher's_RelativityAllora fa un certo effetto incontrare allo stesso convegno (intitolato: “Consumi: dal calo al crollo?”) una ditta produttrice di penne di lusso e un produttore di sottaceti, un brand di champagne e uno di yogurth, un gioielliere e un produttore di cioccolatini, un marchio fashion accanto ad uno di acque minerali!

Cosa succede? Com’è possibile che i responsabili di marketing delle aziende luxury stessero prestando ascolto alle stesse cose fianco a fianco dei responsabili marketing delle aziende di largo consumo? E quali cose stavano ascoltando?

Nel corso dell’efficace incontro organizzato da Ruling Companies si sono alternati un macro-economista e un sociologo. Il primo (Fedele De Novellis) illustrava (da un punto di vista macro-economico) il quadro del crollo della domanda di beni di ogni tipo, del risparmio e della propensione alla spesa ed all’investimento e della disponibilità di liquido e credito. Il secondo (Enrico Finzi) rafforzava il messaggio descrivendo a tinte forti lo stato di prostrazione psicologica collettiva che – accompagnando la crisi oggettiva – ne amplifica gli effetti provocando una totale inappetenza collettiva accompagnata ad una radicale disillusione sul fatto che la situazione possa avere un qualsivoglia sbocco.

Le spiegazioni sulla compresenza in platea di un pubblico così eterogeneo possono essere diverse ma forse la più semplice è questa: il mercato dei beni di lusso si è potuto espandere negli anni recenti perché era riuscito a toccare una più larga fetta della popolazione che – indebitandosi – poteva acquistare beni e servizi tradizionalmente riservati ad una fascia esclusiva ed alta della società. I brand hanno utilizzato questa connotazione esclusiva proprio come stimolo al nuovo mercato fatto di persone ansiose di apparire con più di quel che potevano permettersi (il cosiddetto ‘lusso povero’). Adesso che la disponibilità di credito è ridotta quasi a zero, quel mercato si restringe e i brand del lusso hanno preoccupazioni molto più simili a quelle dei produttori di beni di largo consumo.

immagine: nella famosa stampa di Escher un sistema di scale autoreferenziale rende inutile la distinzione fra chi sale e chi scende: tutto dipende dal punto di vista che però dura l’attimo di una percezione fuggevole.

for ENGLISH-SPEAKING FRIENDS

Up to know I have always experienced luxury goods as being far separate from consumer goods: different targets, products, margins, distribution, advertizing, marketing and different reaction to the crisis. Producers in consumer goods are traditionally frantic with micro-perception of economy fundamentals while the others are concentrated in a sort of mantra  stating the value of the brand over everything else. 

Therefore I was surprised to find at the same conference organized by friends of Ruling Companies (titled “Consumer consumption, lower or dead?”) a luxury pens producer along with food, a champagne brand with a yogourt producer, jewellery and base chocolate and candies, a fashion apparel brand with mineral water! What attarcted them in the same place at that same time?

The first brilliant speaker depicted the problematic correlation of demand, saving, credit, investments and cash from a macro-economy stand point. The second (a sociologist and researcher) stressed on the subjective although collective that flanks the objective crisis, amplifying its effects while growing a general disillusion on the future to come. 

In the recent past luxury items producers tried their way down to larger markets exploiting the glamour of exclusiveness as a mean to attract more common people that simply could not afford such goods and services but loved to. But now that credit is largely not available to common consumers that new market is shrinking rapidly and brands share the same concerns as commodities. 

image: the reknown print of  Escher shows a system of self-referred escalators in which it is not clear who goes up and who goes down: everything simply depending from an easy to change perspective.