Con grande piacere Naimation ospita il primo contributo di Diego D’Ermoggine (vedi il suo profilo) sul tema dell’internazionalizzazione. Le sue osservazioni, frutto di una riflessione sul nostro comune lavoro in Naima e della sua grande esperienza, vuol essere uno spunto per la riflessione e il dibattito. (please see english translation below)
Le trasformazioni della società in atto sono tali e tante che tutto un insieme di sicurezze che facevano parte della nostra vita quotidiana si è volatilizzato nel nulla. Crisi della domanda, incertezza sulla tenuta dei sistemi sociali e di solidarietà, dominio della speculazione finanziaria sulla economia che genera valore, mancanza di pianificazione e di senso del futuro, sfiducia totale nel ruolo della politica, apprensione, scarsità di lavoro e precariato, conflittualità diffusa sono fenomeni che pervadono le vite di tutti in ogni angolo del mondo con la conseguente chiusura a riccio delle posizioni di conservazione del potere delle caste dominanti e la progressiva polverizzazione delle classi medie. Intanto la Forma-Stato (già messa sotto attacco da decenni dal pensiero più liberista) senza garantire alcuna delle sue funzioni continua a consumare, con la sua macchina gigante e inefficiente, più di quanto producano interi paesi, non restituendo né giustizia distributiva né tantomeno servizi e bruciando letteralmente il reddito della nazione. In Italia questa deriva assume proporzioni e prospettive disastrose per un Paese Occidentale: l’Italia non è solo una nazione con dei problemi, è un Paese vecchio e stanco ‘adagiato su un fianco’. Tutti parlano di ‘crisi di governabilità’ ma in realtà qui è a rischio la stessa sovranità del Paese (vedi De Rita) che scivola rapidamente nella totale irrilevanza a livello globale. In questo contesto e per qualche motivo sembra che i concern degli individui e delle famiglie siano gli stessi delle imprese e molti si chiedono qui e lì: ‘Dov’è che ho sbagliato? Quale pezzo di storia mi sono perso per ritrovarmi in questa situazione? Ma sarà poi tutta mia la colpa? Come ne esco?’.
Dunque, anche il sistema delle imprese – seppur storicamente (e retoricamente) – contrapposto a quello pubblico, dà segni crescenti di difficoltà: improvvisamente scopriamo che dietro alla retorica dell’impresa privata e della sua flessibilità, creatività e resilienza (e soprattutto del ‘piccolo è bello’) si celano perlopiù arretratezza, mancanza di visione, inadeguatezza dei mezzi finanziari, incapacità manageriale, errori ripetuti, speculazione, mancanza di dinamismo, comportamenti egoistici e provincialismo.
Eppure si intuisce che la proporzione del problema potrebbe celare una enorme opportunità. Esiste la possibilità concreta di creare insieme un sistema di risposte che ripensino in maniera moderna ed efficiente tutti i sistemi di cui si compone la nostra realtà sociale, impresa compresa. Il punto di partenza del ragionamento è che per quanti problemi vi siano e per quanto vasto sia l’ambito in cui essi si manifestano (sia esso l’Italia, l’Europa, il Mondo Occidentale, forse fra poco anche i BRICs) complessivamente il Mondo va avanti: nuovi bisogni, nuove modalità e motivazioni di fruizione di prodotti e servizi, nuovi mercati, nuovi paradigmi esistenziali; ma anche nuove tecnologie, nuove forme di creazione dell’utilità e del valore, nuovi modelli distributivi. Soprattutto una nuova geografia economica del mondo. In senso più semplice e generale, una generazione che ha segnato (troppo?) lungamente (per innalzamento della vita e tempo di attività) quasi mezzo secolo di storia, potere, influenza, vita e cultura – seppur riluttante (come i vecchi nelle tragedie di Sofocle) – sta lasciando il terreno ad una nuova generazione di giovani per questo costretti ad allungare la loro gioventù ma non per questo meno dinamici, forti e pieni di aspettative! Mai un passaggio generazionale è stato più faticoso: colpa anche della evoluzione biologica!
Per queste generazioni il punto di riferimento globale non è più e non solo costituito da Stati Uniti, dall’Europa, dal Giappone o dalla Cina ma anche da Russia, Canada, Turchia, Brasile, Sud Africa, India, e poi Australia, e ormai anche i paesi dell’area ASEAN, dalle Filippine al Vietnam. Cambiano i paradigmi di riferimento, le logiche commerciali, gli stili. L’arena è il Mondo e tutto il Mondo si fa nuovo. Lì si manifestano le contraddizioni, lì sono i problemi e i dilemmi, lì le opportunità. Questa regola vale per tutti e con buona pace di tutti non ci sono più sistemi sociali, sistemi giuridici, ambiti territoriali, welfares, sistemi politici ma nemmeno opportunità economiche né finanziarie che possano garantire un ambito di confidenza e sufficienza ‘nazionale’. E’ talmente evidente! Le imprese italiane che hanno avuto per prime (alcune da tanti anni) l’intuizione non solo che il mercato interno era in contrazione ma che il mercato d’ora in avanti E’ IL MONDO e che hanno saputo reagire cercando altri mercati oggi vivono un momento di crescita. Sono però troppo poche per ‘fare sistema’. La maggior parte delle imprese italiane ha ancora bisogno di uscire dalla zona di conforto nella quale si è in qualche modo adagiata finora, scommettendo tutto sull’immobilità, per aprirsi al mondo, cercare nuovi mercati, investire in persone adeguate e competenti per accompagnarle nel percorso verso la internazionalizzazione.
L’ampliamento degli orizzonti geografici e – quindi – commerciali, comporta moltissimi rischi e incertezze e si svolge perlopiù al di fuori della nostra zona di comfort. Ad esso si affianca anche una grande possibilità, una enorme opportunità nascosta, la possibilità di ripensare la propria impresa partendo dalle eccellenze che la caratterizzano per inventare, creare, impostare nuovi prodotti e nuovi servizi per nuove forme di consumo. La grande sfida – cioè – non è semplicemente quella di cercare nuovi mercati per i propri prodotti, ma anche quella di capire – partendo dalle proprie eccellenze interne – come allargare o eventualmente cambiare radicalmente la gamma d’offerta innovando sul prodotto e sul servizio e studiando come il sistema dei valori e dei bisogni del Paese che interessa possa a sua volta essere interessato alle nostre capacità: un approccio ‘ecologico-economico’ (Eco-Eco, per ricordare gli insegnamenti del nostro ‘maestro’ giapponese Akira Koudate), cioè un blend molto sottile fra capacità di fare, valore delle cose che si offrono e comprensione profonda dell’ambito dove ci si sta calando. Si tratta di un vero e proprio progetto che richiede approccio, tempi e risorse adeguati e tanta voglia di fare e di riuscire.
immagine: nel bellissimo film Lezioni di Piano di Jane Campion la protagonista Ada Mc Grath, ragazza madre in cerca di marito, si porta dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda un pianoforte a coda. Muta dalla nascita Ada apparentemente ha nello strumento la sua unica risorsa. Ma nel nuovo mondo, dove non ci sono nemmeno le strade, forse l’ingombrantissimo strumento non serve, … o forse si?
ENGLIGH-READING VERSION
I am glad to host Diego D’Ermoggine’s (see profile) first contribution to Naimation. His remarks are the outcome of several discussions we had on the subject of ‘being international’ along with his direct long experience abroad, expecially in Brazil. We both wish this can be a chance for fertile debate.
Economic uncertainty is coupled everywhere with a lack of trust and confidence in the political systems where-as the Public Institutions seem to lose track of their mission in providing the terrain for development, fair rules and services supporting people and businesse. No matter what the perspective or scale, whether domestic (Italy is in avery special bad shape) or European, or Western World Wide or even World Wide, the concern is affecting both individuals, their families, society and also companies and businesses. ‘Where did we make mistakes? What piece of the movie I missed? Am I really accountable for the troubles I am in? How am I going to get out of it?’. Questions with no proper answer, echoing a famous 80’s song of Talking Heads …
Even the traditional liberistic-rethorical distinction between Public (Evil) and Private (Good) seem to lack consistency: also private-owned small and medium businesses are facing growing problems in innovation, finance, distribution, relevance, competitive grip (that is particularly true for most of italian businesses).
The size of the problem must conceal somewhere some great opportunties. The turning point being that no matter what, the World around us (as individuals or representative of a social system) is evolving: new needs, new motivations, habits and means of using products and services, new paradigms; but also new technologies, new forms of creating value; and most of all, a new economical geography. In a general and simple way to say it, a very-long-lasting generation (by far the longest-lasting in human history) is giving way (not too spontaneously, like in Sofocle’s dramas) to a new one. The ‘new’ youngsters, although innaturally so for too long a time are strong, learned, and full of expectations. Their ‘mental’ arena is not only restricted to the USA, Europe or maybe Japan and China but includes Russia, Canada, Turkey, Brazil and South Amercia, South Africa, India, Australia, and yet also the ASEAN area, from Philippines to Vietnam. Changes regard a lot of paradigms: from product marketing to life-styles. There can be no possible point of resistance neither in social, regulatory, welfare or political systems.
Back to Italy (and for what is worth): businesses that have started in the past to operate worldwide, regardless their size, are thriving. The others are lagging behind in big troubles. Most of businesses (and people) still have to leave their comfort zone, open up to risks and opportunities related to a new mentality. That’s what we mean by ‘being international’. It is not only a matter of ‘transferring’ out of our boundaries products and services but also a matter of understanding different, multifolded, ever-changing cultures, values, and attitudes: it is an ecological-economical approach (to echo our japanese ‘maestro’ Akira Koudate’s teachings). It’s definitely a delicate blend between ‘do’, ‘understand’ and ‘respect’ the world around us. It is a business project that has a lot of challenging, interesting and new implications. And, most of all, innovation nowadays will not discriminate by size but by wit and will.
image: in the beautiful movie ‘Piano Lessons’ by Jane Campion the protagonist Ada Mc Grath, am un-married mother in search for a husband in the New World carries with her from England to New Zealand a grand piano. Dumb since birth she apparently has no other resource. But in the New World where also streets are a fantasy maybe a grand piano is not useful at all … or maybe is it …?
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