Il mondo è stato sempre nel cambiamento e nell’innovazione, o no? Se ogni epoca è disseminata di passaggi epocali, allora forse è il momento di distinguere fra i due concetti per fare un po’ di chiarezza. Useremo una definizione che non è scolpita nella pietra ma che ci serve per orientare la nostra azione.
Definiremo “cambiamento” lo stato permanente in cui le cose che ci circondano inesorabilmente mutano in maniera incessante; è il “tutto scorre” di Eraclito e si tratta di una condizione esistenziale inerente al nostro vivere e forse addirittura “costitutiva” del mondo come lo conosciamo. Parleremo invece di “innovazione” intendendo un atto volontario e premeditato che ci porta a cambiare ciò che ci circonda (ma anche noi stessi e le nostre azioni per quanto possibile) per orientarlo verso il cambiamento in maniera solidale con esso soprattutto in termini temporali e non farci così prendere alla sprovvista.
Nel caso delle imprese questa seconda accezione si riferisce più in specifico alla necessità o opportunità di operare un cambiamento volontariamente al fine di non farsi sorprendere dalla concorrenza o dai mutamenti del mercato o dalla naturale obsolescenza delle cose, oppure proprio per cogliere delle opportunità e prendere alla sprovvista i competitor. In questo caso il processo è più o meno questo: c’è un cambiamento intorno che comporta una evoluzione verso uno stato delle cose diverso da quello cui l’azienda si era adattata; questo cambiamento chiede all’azienda una serie di azioni che servono a riprendere contatto con la nuova forma della realtà. In biologia questo assomiglia molto alla plasticità dell’occhio quando rapidissimamente si adatta alle forme, alle condizioni di luce, ai colori, al movimento relativo delle cose, per consentirci di avere una visione perspicua.
Se l’innovazione sia una forma di adattamento o la produzione di qualcosa di nuovo è una questione molto affascinante ma non la affronteremo qui. Qui cerchiamo di capire le conseguenze pratiche di che cosa sia l’innovazione per trarne una qualche utilità immediata. Il tempo in cui una significativa innovazione (anche in campo btob) poteva garantire una lunga vita ad un’impresa è dietro le spalle: oggi o si fa innovazione continua oppure si finisce male male. Ma perché? Cos’è che è cambiato al riguardo? Sul terreno dell’economia la spiegazione è abbastanza semplice: l’aumento di competizione, la sua globalizzazione e la crisi della domanda (o piuttosto la sua evoluzione?) sollecitano le imprese che si affacciano sui mercati di consumo a differenziarsi sempre di più in termini funzionali, di prestazioni e branding.
Questo comporta uno stress lungo tutta la filiera: è come se le aziende che si affacciano sul mercato chiedessero a quelle che stanno lungo la filiera: “C’è qualche novità? Hai qualcosa di interessante da farmi vedere che mi consenta di essere più competitiva? Che gli faccio vedere al mercato che valga la pena?” Novità in termini di funzioni, prestazioni, estetica, materiali, durata, connettività… L’innovazione in questo senso non è davvero una cosa nuova… Intere civiltà si sono alternate a colpi d’innovazione, che si trattasse dell’invenzione di armi, di metodi agricoli, di rotte mercantili, di sistemi di trasporto o di pagamento. In tempi recenti l’Europa per lunghissimo tempo ha dominato questo processo a proprio vantaggio fino ad incontrare la brillante capacità competitiva degli USA (dalla propria costola generata).
Ma secoli fa l’innovazione stava in Cina e forse ci sta tornando. Partiamo dal fatto che l’innovazione fa parte della nostra caratterizzazione culturale e che qualsiasi cosa sia una novità ha un connotato positivo: dai Beatles (parlo non solo della loro musica ma anche delle idee e dello stile di vita che hanno diffuso), alla chitarra elettrica, al forno a micro-onde, allo sbarco sulla Luna, a Netflix.
Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una novità o ad un modo nuovo di “vedere” cose consuete (la Luna c’è sempre stata, i Beatles non sono il primo quartetto musicale della storia, abbiamo preso a cuocere il cibo da un bel po’ e i film prima di finire sulle piattaforme sono stati e sono ancora nelle sale cinematografiche…), la propensione naturale è quella di annettere un valore distintivo e positivo a quella cosa.
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