Più passa il tempo e ci immergiamo tutti in questa epoca di cambiamento più ci sommerge anche la sua retorica. Qualsiasi sia il nostro campo di azioni siamo alla spasmodica ricerca della parola, dell’articolo, del libro, della testimonianza e della consulenza che ci facciano capire dove stiamo andando e dove dovremmo andare e perché e come. E tanti (troppi) sono disposti a darci consigli, a dirci come si fa. In teoria.
L’inflazione di informazione e di stimoli intellettuali – però – non cambia di una virgola il nostro destino, anzi lo compromette. A meno che non siamo giornalisti o autori di saggi sull’innovazione, non è dalle parole altrui che troveremo conforto e guida ma essenzialmente dalla nostra esperienza diretta. Allora la cosa più semplice da fare è fare impresa, è inventare con altri un nuovo prodotto, un nuovo modello di business, sviluppare una nuova idea che ci sta a cuore, farli conoscere e vedere l’effetto che fa. Solo così sapremo se ciò che facciamo (e noi stessi, la nostra mentalità) siamo di qualche utilità al mondo che ci circonda e che è sempre in cerca di nuove soluzioni a vecchi e nuovi problemi,
In questo stesso spirito anche in Italia migliaia e migliaia di giovani, respinti (per loro fortuna) dai mestieri tradizionali e nell’impossibilità di seguire le orme confortevoli di noi padri si trova a sperimentare nuove vie, imparano a confrontarsi con gli altri e col mondo e apprendono l’economia dalla pratica. Ma non solo giovani: anche migliaia e migliaia di persone mature, respinte sulle strade professionali tradizionali o semplicemente deluse e annoiate dalla loro comoda routine, escono dalla zona di comfort e fanno impresa.
Questo fenomeno, molto più della somma dei gadgets tecnologici da cui siamo sommersi, è la cosa più innovativa che sta avvenendo in economia perché cambia dal profondo il modo di produzione e distribuzione di beni, la modalità di produzione e distribuzione del reddito, la formazione di patrimoni ma anche l’assetto sociale nel quale genera nuovi equilibri. Se il rapporto fra imprenditori e salariati si modifica nella sostanza come sta accadendo, oltre all’aspetto economico ciò che cambia è la sociologia del lavoro ma anche gli equilibri di potere: chi fa impresa ha bisogno di una rappresentanza di interessi che è del tutto diversa da chi ha bisogno di tutele legate al posto di lavoro.
Questa rivoluzione ci interessa tutti e tutti siamo coinvolti; in particolare noi italiani che abbiamo nel nostro codice culturale la capacità endemica di generare idee e imprese.
Grazie di questo giudizio che mi corrisponde in pieno: io potrei rendere testimonianza con la mia storia personale a queste tue parole e di come le circostanze mi hanno costretto a reinventarmi anche come capacità di creare prodotti nuovi a 50 anni perchè nonostante sia una persona molto qualificata per il mercato del lavoro non ero più interessante. Un mercato del lavoro che non funziona più ovviamente..
Manca solo una parola nel tuo scritto ed è che tutto questo è accaduto con il “dolore del parto” che io definisco tutto sommato positivo alla fine anche se ha fatto e fa ovviamente male .. Buon lavoro. G.